L’insidia del false balance nella comunicazione del cambiamento climatico
di Serena Giacomin
In un talk show televisivo dedicato alle notizie di attualità, mettereste mai a dibattere un astronomo contro un astrologo per capirci qualcosa in più dal punto di vista scientifico?
Probabilmente no, se l’obiettivo è quello di fare corretta informazione. Ma sul tema del cambiamento climatico – ancora oggi – nei media succede proprio così: si cerca di animare la discussione tra un climatologo e un negazionista. Eppure il riscaldamento globale rappresenta una delle sfide più pressanti del nostro tempo e le azioni per contrastarlo dovrebbero essere immediate, senza ulteriori ritardi. Molti ostacoli, però, si oppongono alla transizione necessaria e tra questi c’è proprio il cosiddetto “false balance”.
Questa pratica, che mette sullo stesso piano dati ed evidenze scientificamente fondate con opinioni minoritarie o pseudoscientifiche, ha un impatto significativo sul rallentamento delle azioni decisive necessarie per affrontare la crisi sistemica in atto. In italiano potremmo tradurre false balance con “falso equilibrio”, ovvero quella impostazione giornalistica o mediatica che consiste nel presentare due prospettive su un argomento come se avessero ugualmente validità, nonostante una delle due sia supportata da prove scientifiche molto più solide rispetto all'altra.
In altre parole, si tratta di dare lo stesso peso o spazio a posizioni contrastanti – creando un dibattito acceso – anche quando una di esse è ampiamente supportata dalla comunità scientifica, mentre l’altra potrebbe essere basata su opinioni minoritarie, ideologie e in alcuni casi su informazioni errate o non verificate. Nel contesto del dibattito sul cambiamento climatico, ad esempio, il false balance può manifestarsi dando voce a individui o gruppi che negano l'esistenza del riscaldamento globale o minimizzano i suoi impatti, equiparando la loro opinione a quella dei ricercatori e degli scienziati che hanno ampie prove scientifiche a sostegno del cambiamento climatico antropogenico, quindi determinato dalle emissioni di gas climalteranti per mano dell’uomo.
Il problema principale del false balance è che può creare una percezione distorta della realtà, facendo sembrare che una minoranza di opinioni sia altrettanto valida e meritevole di considerazione quanto una posizione supportata da solide basi scientifiche. Questa pratica può confondere il pubblico, minare la fiducia nella scienza e ritardare azioni o decisioni importanti, soprattutto su questioni di rilevanza globale come il cambiamento climatico. Sarebbe importante, invece, che i media e le piattaforme di comunicazione si sforzassero di presentare informazioni accurate e bilanciate, basate sulla preponderanza delle prove scientifiche e sulla validità delle fonti, per favorire una comprensione più precisa e informata degli argomenti trattati.
Quando i media inciampano – involontariamente o meno – sul false balance, finiscono per accendere un dibattito sul cambiamento climatico a metà tra scienza e opinionismo. Il pubblico può così percepire erroneamente la questione come meno urgente o più controversa di quanto sia effettivamente. Può sorgere spontaneamente la domanda: “Se non sono d’accordo neanche gli scienziati, perché dovrei preoccuparmene io?”. Questo equivoco può dunque ridurre la motivazione ad adottare azioni concrete e politiche volte a mitigare il cambiamento climatico, ritardando così gli sforzi di adattamento agli impatti già presenti e crescenti nell’immediato futuro.
Per comprendere cosa c’è di profondamente sbagliato nella pratica del false balance occorre partire dal significato di consenso scientifico. Il consenso scientifico sul riscaldamento globale rappresenta l’accordo prevalente tra gli scienziati riguardo l’aumento delle temperature atmosferiche su scala planetaria e la causa antropogenica dei cambiamenti climatici. Ad esempio, uno studio molto importante e citato è stato condotto nel 2013 da John Cook, ricercatore al Melbourne Centre for Behaviour Change e fondatore di Skeptical Science e dai suoi colleghi: nella pubblicazione si trova l’analisi di oltre 11 mila articoli scientifici pubblicati su riviste accademiche e sottoposti a revisione paritaria (la cosiddetta peer review), constatando che il 97 per cento degli articoli che hanno esaminato le cause del riscaldamento globale sostiene che questo fenomeno sia principalmente dovuto all’attività umana, in particolare alle emissioni di gas serra. Questo studio ha rappresentato un contributo significativo nel dimostrare il forte consenso scientifico sulla causa antropogenica del cambiamento climatico, smentendo le tesi di una mancanza di accordo tra gli scienziati sull’argomento.
Il dato del 97 per cento è ad oggi aumentato fino a superare il 99 per cento: potremmo dunque dire che la correlazione tra riscaldamento globale e concentrazioni di gas climalteranti in atmosfera sia “inequivocabile” (così come è stata definita nell’Assessment Report 6 dell’IPCC) e che la comunità scientifica internazionale sia concorde e unanime.
Quindi un dibattito sul riscaldamento globale e sulla sua causa scatenante come dovrebbe essere affrontato dai media? Certamente non mettendo a confronto un climatologo esperto rappresentante delle evidenze scientifiche condivise a livello internazionale con un negazionista per opinione senza alcun dato a supporto della propria posizione.
Contrastare il fenomeno del false balance è fondamentale: innanzitutto occorre conoscere il problema, poi è necessario saperlo individuare per poterlo infine evitare. Giornalisti e autori devono adottare pratiche editoriali responsabili, evitando di presentare opinioni non scientifiche come equivalenti a prove solide e studi già sottoposti a revisione. Supportare ed educare il pubblico riguardo l'importanza di valutare criticamente le fonti e riconoscere la validità delle evidenze scientifiche è altrettanto cruciale per passare, finalmente, all’azione collettiva.
Serena Giacomin è una fisica. Meteorologa di Meteo Expert, certificata secondo normativa World Meteorological Organization. Climatologa e presidente dell’Italian Climate Network. Conduce le rubriche meteo e di approfondimento ambientale sulle reti televisive e sulle principali radio nazionali. Autrice di “Missione Aria Pulita” (EdizioniAmbiente 2023), “Pinguini all’Equatore. Non tutto ciò che senti sul clima è vero” (DeAgostini 2020), “Meteo che scegli, tempo che trovi” (Imprimatur 2018). Docente e divulgatrice scientifica, formatrice di De Agostini Scuola, gruppo Mondadori. Ha collaborato alla realizzazione del manuale scolastico per la secondaria di I grado Scienze Live (Garzanti Scuola 2020), del manuale di scienze "Be Curious" e geografia "Now!" (Garzanti Scuola 2022). Premio DonnAmbiente 2021.
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Ho apprezzato molto l'articolo. Vorrei fare solo una postilla su una cosa assolutamente secondaria ma è l'ennesima volta che leggo un riferimento un po' a sproposito, magari anche in buona fede, all'astrologia. Da quando è scoppiato il covid e c'è l'ossessione e la polarizzazione tra ciò che è scientifico e ciò che non lo è, che in questa discussione ci finisce spesso, con accanimento, l'astrologia. Presa sempre come esempio negativo, come antiscienza, come cosa per creduloni. Lasciate in pace l'astrologia, non ha la pretesa di essere una scienza, non c'entra niente con questo genere di dibattiti. Se non vi piace amen, ma non tiriamola sempre in mezzo a sproposito.
L'articolo non tiene affatto conto del fatto che la scienza è finanziata totalmente da coloro che intendono lucrare sul business conseguente al presunto cambiamento climatico ed utilizzarlo per imporre una dittatura globale e che il "false balance" è fatto apposta proprio per screditare le tesi contrarie.
Essendo un fisico l'autrice dell'articolo dovrebbe sapere che i principali "negazionisti" del cambiamento climatico sono il fisico premio Nobel Carlo Rubbia ed il fisico Franco Prodi (fratello di Romano) e non opinionisti qualsiasi e sprovveduti.
E' evidente che anche lei fa parte del mainstream manovrato dalle élites che utilizza sistematicamente la menzogna per nascondere la verità e creare un immaginario collettivo di (finte) emergenze continue per imporre alla popolazione i loro programmi politici ed egemonici finalizzati ad una dittatura globale ed al depopolamento malthusiano.