Tra i commenti popolari che creano alibi e deresponsabilizzazione di fronte al riscaldamento globale troviamo spesso il tranquillizzante “il clima è sempre cambiato, sono cicli”. Quindi di cosa dobbiamo preoccuparci? Andiamo avanti come sempre! Vediamo le trappole cognitive che si celano dietro questa banale affermazione, che ha del vero e del falso insieme.
Innanzitutto, è vero che in ben 4,7 miliardi di anni il clima terrestre è sempre cambiato. All’inizio della sua formazione, il pianeta era una massa di magma ardente con un’atmosfera irrespirabile e sfavorevole alla vita, mentre 600 milioni di anni fa era una “palla di neve” completamente congelata. C’è stato un clima adatto ai dinosauri, uno adatto alle felci giganti. E da soli diecimila anni c’è un clima adatto alla civiltà umana, cioè la stabilità climatica olocenica che ha consentito l’addomesticamento dei vegetali, la nascita dell’agricoltura e delle città, la trasmissione di memoria scritta e lo sviluppo scientifico. Un periodo di cento secoli con variazioni della temperatura media globale non maggiori di un grado Celsius.
Quindi il primo errore è non occuparsi della scala temporale dei cambiamenti climatici rispetto alla presenza umana e pensare che una variazione “normale” per la dinamica terrestre a lungo termine non possa indurre gravi conseguenze alla nostra attuale società (faceva sì più caldo al tempo dei dinosauri, ma tu non c’eri…). La nostra specie si è infatti evoluta in un intervallo limitato di temperatura e può rivelarsi geneticamente e culturalmente inadatta di fronte a un rapido e inedito aumento termico globale, mentre sappiamo che ha saputo adattarsi a un pianeta più freddo, avendo superato le glaciazioni pleistoceniche. Il secondo errore riguarda la ciclicità delle variazioni, ovvero l’aspettativa ottimistica che a un’anomalia climatica segua in breve tempo un ritorno a condizioni ritenute normali e favorevoli. Il clima terrestre è un sistema complesso e non presenta cicli regolari, ma al più dei periodi nei quali alcune configurazioni si ripetono, ma sempre con importanti differenze.
Ad esempio, sappiamo che negli ultimi 800mila anni le glaciazioni si sono alternate ai periodi interglaciali ogni 100mila anni, i noti cicli di Milankovitch dettati da oscillazioni astronomiche dell’orbita terrestre e dell’inclinazione dell’asse del pianeta. Ma prima di 800mila anni fa l’alternanza delle glaciazioni era ogni 41mila anni: le ragioni di questo improvviso cambiamento riguardano probabilmente interazioni multiple con altri processi ambientali. Quindi pure i supposti “cicli” non sono affatto tranquillizzanti, bensì possono portarsi dietro delle variazioni improvvise e permanenti per tempi lunghissimi, in grado di penalizzare fortemente alcune specie viventi, noi per primi.
Il terzo errore è non domandarsi le ragioni delle variazioni climatiche del passato: il clima è sempre cambiato sotto l’influenza di cosiddetti fattori forzanti: quelli orbitali già accennati, o un cambiamento dell’energia emessa dal Sole, un cambiamento nell’attività vulcanica con emissione di gas serra o di polveri che offuscano la radiazione solare, o ancora nella disposizione dei continenti e delle correnti marine o delle masse glaciali. Ovvero ogni variazione climatica terrestre può avere cause diverse e combinate, un po’ come la febbre per un corpo umano può essere un sintomo di molte malattie. Quindi chi dice “la febbre c’è sempre stata” ma non si chiede quale causa l’abbia generata, sta giocando con la sorte: la febbre potrebbe andarsene in pochi giorni, ma potrebbe anche salire così tanto da portare alla morte, dipende dalla patologia che l’ha generata. E se non la indaghi, non puoi elaborare la giusta cura.
Quindi i climatologi da oltre un secolo indagano sull’intossicazione dell’atmosfera terrestre da parte dell’eccesso di gas serra, CO2 in primis, originati dalle attività umane basate sui combustibili fossili. E hanno potuto escludere che l’attuale aumento di 1,2 °C della temperatura terrestre sia dovuto a cause naturali: le variazioni orbitali sono lentissime e comunque dirette verso una nuova glaciazione (tra oltre 50mila anni!), le variazioni dell’intensità di energia proveniente dal Sole sono trascurabili, i vulcani non stanno contribuendo ad emissioni rilevanti di CO2 e quando si hanno occasionali esplosioni, come quella del Pinatubo nel 1991, nelle Filippine, si sono osservati i previsti brevi raffreddamenti di pochi anni causati dagli aerosol riflettenti.
I modelli matematici di simulazione del clima possono ricostruire l’evoluzione delle temperature del passato con le loro differenti cause, e attribuiscono l’attuale riscaldamento in atto alla maggior concentrazione di CO2 nell’atmosfera, misurata con precisione e passata da 280 parti per milione due secoli fa alle attuali 420. Quindi dire che il clima è sempre cambiato è corretto, ma aspettarsi che segua cicli rassicuranti senza conoscere le cause della malattia (e dunque rifiutando le cure) è un azzardo che può costare la vita.
Luca Mercalli (Torino, 1966), climatologo, master in scienze della montagna all'Université de Savoie-Mont-Blanc, direttore della rivista Nimbus, presiede la Società Meteorologica Italiana, associazione nazionale fondata nel 1865. Si occupa di ricerca su climi e ghiacciai alpini, insegna sostenibilità ambientale in scuole e università in Italia (Università di Torino-SSST), Svizzera e Francia e la pratica in prima persona, vivendo in una casa a energia solare, viaggiando in auto elettrica e coltivando l'orto. E' stato consulente dell'Unione Europea e consigliere scientifico di ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
Per RAI ha collaborato a "Che tempo che fa", "Scala Mercalli" e "TGMontagne" e Rainews24. Editorialista per Il Fatto Quotidiano, ha lavorato prima a La Repubblica e poi a La Stampa ed ha al suo attivo migliaia di articoli e oltre 2900 conferenze. Tra i suoi libri: Filosofia delle nuvole (Rizzoli), Viaggi nel tempo che fa (Einaudi), Prepariamoci (Chiarelettere), Non c'è più tempo (Einaudi), Il clima che cambia (BUR), Salire in montagna (Einaudi), il libro per bambini Uffa che caldo (ElectaKids) e il fumetto Il tuo clima (TataiLab).
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Chiunque può essere giornalista climatico, oggi. Lo ha scritto, già nel 2022, Jill Hopke in un pezzo per il Nieman Report. Hopke si riferiva a chi lavora nel mondo del giornalismo. In realtà, però, ci sono molti strumenti aperti e liberi all’uso per chiunque abbia la voglia e la curiosità di conoscerli, capirli, impararli e usarli.
Te ne presenteremo alcuni. Il primo è EJAtlas - Global Atlas of Environmental Justice. È una mappa a cui lavorano centinaia di persone e istituzioni. Raccoglie, cataloga e documenta tutti i conflitti sociali nel mondo che ruotano intorno a tematiche ambientali.
Spiegazione scientificamente impeccabile.
Non so quanti possano cambiare il loro atteggiamento nei confronti del cambiamento climatico dopo averla letta
Lodevole iniziativa (la newsletter), a quando un podcast?