Il nostro pianeta continua a riscaldarsi, e lo sta facendo sempre più rapidamente. Questo aumento è diventato molto evidente durante l’anno 2023, che ha visto i mesi da giugno fino a novembre battere tutti i rispettivi record mensili, come si evince dai recenti rapporti di Copernicus. Il 2023 si avvia quindi a diventare l’anno più caldo di sempre, con una anomalia di temperatura molto prossima a +1.5 °C, soglia di sicurezza che non dovremmo superare stabilmente per evitare danni irreversibili al clima del nostro (unico) pianeta.
L’accumulo in atmosfera di gas serra sta determinando un aumento dello sbilancio energetico del pianeta con una maggiore quantità di energia che rimane intrappolata nel sistema terra-atmosfera. I gas serra, infatti, agiscono come elemento opaco, che ostacola l’irraggiamento di calore verso lo spazio. Di conseguenza la temperatura della Terra è in continuo aumento. Come se in una casa qualcuno, giorno dopo giorno, alzasse impercettibilmente la temperatura del termostato che controlla il riscaldamento. Il livello termostato della Terra dipende dalla quantità dei gas ad effetto serra in atmosfera (anidride carbonica, metano e altri) e che sono in continuo aumento, dall’inizio della rivoluzione industriale fino ad oggi, per i processi legati all’estrazione e uso di combustibili fossili. Il ruolo quindi dell’attività umana è chiaro nel generare il riscaldamento che stiamo osservando: l’IPCC afferma che è indubitabilmente di origine antropica, come spiegato in maniera molto solida nel Capitolo 3 e 7 dell’ultimo report AR6 del 2021.
La maggiore energia trattenuta nel sistema, oltre a far aumentare la temperatura, ha un impatto sul clima e sulle condizioni meteorologiche, con un aumento degli eventi estremi. Le ondate di calore da record sulla terra e nei mari, le piogge intense e le conseguenti alluvioni, le lunghe siccità, gli incendi estesi, gli uragani stanno diventando sempre più frequenti e intensi a livello globale. Inoltre le temperature più calde in montagna e sulle grandi pianure dell’emisfero nord portano a una riduzione del manto nevoso, a uno scioglimento anticipato delle nevi e all’evaporazione dell’acqua dai laghi e corsi d’acqua.
Mentre per le ondate di calore l’effetto del loro aumento è intuitivamente riconducibile al riscaldamento globale, per gli altri fenomeni l’influenza è meno diretta ma non per questo meno importante. Un’atmosfera più calda può contenere più acqua allo stato di vapore che, in condizioni idonee alla formazione delle nubi, può condensare e dar luogo a precipitazioni più intense. Infatti, la capacità dell'aria di trattenere il vapore acqueo aumenta del 7 per cento con un aumento della temperatura di 1 grado. In condizioni di assenza di nubi, invece, tipicamente nelle zone di alta pressione, l’effetto del maggior contenuto di vapore non si vede, perché non ci sono piogge e prevale l’aumento della temperatura che genera una maggiore richiesta d’acqua ed evaporazione rendendo le siccità più probabile. Ecco quindi spiegato l’apparente paradosso secondo cui il riscaldamento globale fa aumentare le siccità, che diventano più intense e prolungate, ma allo stesso tempo intensifica le precipitazioni.
Il ciclo dell’acqua diventa quindi più estremo con un’alternanza fra questi due stati opposti. Il 2023 offre un esempio lampante di questa polarizzazione: fino ad aprile il centro-nord Italia era nel pieno di una gravissima siccità che si prolungava dal 2022, con lo spettro di non avere sufficienti scorte d’acqua per affrontare l’estate, quando improvvisamente una successione di due eventi estremi di precipitazione, a distanza di quindici giorni l’uno dall’altro, ha determinato l’alluvione disastrosa in Emilia-Romagna nel maggio 2023. Inoltre un’atmosfera più calda e termodinamicamente instabile (superfici calde, come mari e terraferma, sovrastate da masse d’aria più fresche) genera piogge sempre più a carattere temporalesco e locale rispetto a piogge più uniformi e a bassa intensità. Questa tendenza è già visibile in Italia, con un notevole aumento delle precipitazioni intense dovute a forti temporali tipici dell’autunno, ma che vediamo sempre più anche ad inizio inverno. Anche la velocità del vento massima tenderà ad aumentare per effetto dei maggiori contrasti termici fra masse d’aria di origine diversa.
Finora abbiamo parlato di un aumento di probabilità degli eventi estremi in risposta al cambiamento climatico indotto dal riscaldamento globale. Ma dato un singolo evento, tipo la siccità o l’alluvione in Emilia-Romagna del 2023, è possibile capire se e in che percentuale quel particolare fenomeno sia accaduto come conseguenza del riscaldamento globale? Per rispondere a questa domanda dobbiamo ricorrere alla extreme event science attribution.
Quando si verifica un evento meteorologico estremo, gli scienziati determinano innanzitutto la frequenza con cui un evento di quella portata potrebbe verificarsi sulla base di dati storici e di osservazione del luogo dove si è verificato. Più è lunga la serie di dati a disposizione, più è accurata la stima della frequenza attesa di quello specifico evento. Per eseguire uno studio di attribuzione si procede quindi a riprodurre con una simulazione di modelli climatici la frequenza dell’evento nel passato (tipicamente gli ultimi 100 anni) seguendo due scenari. Nel primo, le concentrazioni di gas serra vengono mantenute costanti su valori tipici dell’era preindustriale. Questo è chiamato scenario counterfactual o virtuale, ovvero il mondo che sarebbe potuto essere. Per il secondo scenario, quello reale, si rigirano gli stessi modelli usando però i valori osservati, anno per anno, delle concentrazioni di gas serra. Confrontando i risultati dei due scenari modellati, è possibile stimare quanto le emissioni umane abbiano spostato le probabilità di accadimento. Sofisticati metodi statistici vengono quindi utilizzati per quantificare le differenze di gravità e frequenza dell’evento. Questi studi hanno il vantaggio di collegare il concetto, talvolta percepito come astratto, di cambiamento climatico con fatti recenti ed esperienze personali ancora vive.
Ricercatori organizzati in diversi gruppi di ricerca hanno pubblicato più di 500 studi di attribuzione, sottoposti a revisione scientifica, che analizzano le condizioni meteorologiche estreme in tutto il mondo. Il risultato è una crescente evidenza che l’attività umana sta aumentando il rischio di alcuni tipi di condizioni meteorologiche estreme. Dagli studi pubblicati fino adesso, dei quali la pagina web di Carbon Brief offre una sintesi aggiornata, sappiamo che il 70 per cento degli eventi estremi sono stati resi più probabili o più gravi dal riscaldamento globale.
Quelli legati alle alte temperature, come le ondate di calore, sono più facilmente attribuibili (il 93 per cento è direttamente imputabile al riscaldamento globale), mentre quelli riguardanti le precipitazioni risultano molto più incerti nella loro attribuzione. La precipitazione infatti mostra trend molto più incerti e una variabilità più alta che richiederebbe serie storiche molto più lunghe per arrivare a risultati più solidi. Solo il 56 per cento delle piogge intense analizzate è direttamente attribuibile al cambiamento climatico antropogenico.
Non sorprende quindi che il lavoro di attribuzione sull’alluvione dell’Emilia-Romagna del maggio del 2023 non sia riuscito a misurare una causalità diretta. Tuttavia questo non significa che il legame non ci sia, semplicemente non abbiamo strumenti sufficientemente precisi, e banche dati sufficientemente lunghe, per trovare quel legame che sappiamo esistere a causa di processi fisici ben noti.
Federico Grazzini, 53 anni, laureato in fisica e PhD in meteorologia. Meteorologo presso ARPAE Emilia-Romagna. Lavora nel settore da oltre 30 anni, di cui 5 trascorsi presso l’ European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF). Ha svolto attività di ricerca presso l’università LMU di Monaco di Baviera. È coautore del libro "Fa un po' caldo. Breve storia del riscaldamento climatico e dei suoi protagonisti" (Fabbri Ed., 2020). Scrive di meteorologia e clima per L'Essenziale/Internazionale.
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Una delle questioni più dibattute in questo periodo storico insieme alla crisi climatica è l’avvento delle intelligenze artificiali generative e, più in generale, delle tecnologie basate sulle intelligenze artificiali. Controverse – anche in termini di impatto ambientale – e caricate di aspettative, queste tecnologie hanno applicazioni in ogni ambito: anche il sito ufficiale dell’United Nation Climate Change ha una sezione dedicata. Fra l’altro, l’intelligenza artificiale fa la sua comparsa anche nel mondo delle previsioni meteorologiche. Graph Cast ML è un modello sperimentale, già adottato dall’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts. Puoi vederlo in azione e usarlo anche tu, qui.